Archivio mensile:Febbraio 2013

Falafel

Falafel

Ancora legumi per questo nuovo appuntamento con il Meat Free Monday.

Dopo le polpette di lenticchie della scorsa settimana, oggi vi racconto i falafel, delle piccole polpette fritte e speziate a base di fave o ceci tritati, insaporiti con cipolla, aglio, prezzemolo e qualche spezia.

Sono un piatto tipico della tradizione araba, conosciuti anche qui in Italia da quando hanno preso piede i ristoranti, i take away e le rosticcerie di prodotti orientali, stile kebab.

L’unica difficoltà che potete incontrare nel preparare queste deliziose polpette una-tira-l’altra, è legata al fatto che abbiate in casa un gatto ciuccia acqua a tradimento.

Io, ad esempio, che di gatti ne ho tre, ho la fortuna di vivere con un esemplare di quelli che guardano la ciotola d’acqua se proprio non c’è altro, viceversa apprezzano con enorme trasporto qualsiasi rubinetto aperto o un piattino lasciato lì per caso.

Ecco se decidete di preparare i falafel, e vivete con un felino di questa razza, non dimenticatevi di coprire i ceci quando li lascerete in ammollo, fatto questo sarà tutto in discesa.

Non usate ceci in scatola, basta pensarci la sera prima per il pranzo oppure la mattina per la cena. Dovete solo mettere i ceci in acqua, non serve cuocerli prima nè sbollentarli, quindi non ci sono proprio scuse.

I falafel sono semplici da preparare e ottimi da utilizzare come antipasto o come spuntini per un aperitivo, mangiateli subito però, freddi o riscaldati perdono molto del loro fascino!

Falafel (collage)

SCHEDA SEGNALETICA DEL CECE

Spendiamo due parole sui ceci?

Il cece è un legume antichissimo e dalle grandi proprietà nutritive, si adatta facilmente a diverse condizioni climatiche e diverse tipologie di suolo e si presta a una lunga conservabilità dopo l’essiccamento.

Le varietà presenti sono moltissime. Può essere impiegato per realizzare zuppe, minestre, purè, in associazione con la pasta o come contorno a piatti di carne e pesce o anche semplicemente in insalata.

Di questo legume si utilizza anche la farina per confezionare focacce, fritte o infornate.

Si raccolgono nella stagione estiva e vengono messi in commercio nell’autunno successivo.

Prima di lessarli o utilizzarli nelle varie preparazioni, devono essere tenuti in ammollo per un tempo che varia dalle 8 ore – per ceci di pochi mesi – fino a 12, 18 o addirittura 24 ore per ceci di oltre un anno.  [Fonte Scuola di cucina Slow Food – Verdure e Legumi]

Falafel
Porzioni: 4
 
Cosa vi serve
  • 1 cipolla piccola
  • 2 spicchi d'aglio
  • sale e pepe q.b.
  • 250 gr di ceci
  • 1 cucchiaino scarso di lievito
  • 1 mazzetto di prezzemolo
  • 1 cucchiaino di cumino e/o 1 cucchiaino di coriandolo (a vostro gusto)
  • pangrattato q.b. (solo se necessario, nell'ordine del cucchiaino)
Mettiamoci al lavoro
  1. Mettete i ceci secchi in acqua per 12 ore, fino a che si saranno ammorbiditi.
  2. Trascorso questo tempo, scolateli e asciugateli bene, metteteli in un mixer insieme all'aglio, la cipolla affettata e un mazzetto di prezzemolo fino ad ottenere un impasto omogeneo.
  3. Aggiungete il sale, il pepe e le spezie, mescolate bene e lasciate riposare il composto in frigorifero per almeno 30 minuti.
  4. Riprendete l'impasto e formate tante palline: se vi sembra troppo bagnato aggiungete del pangrattato, ma con moderazione, mi raccomando. A me ne è bastato un cucchiaino, non aspettatevi l'impasto classico di una polpetta di carne, è molto più "bricioloso" e può dare l'idea di non stare insieme, ma alla fine premete bene le polpette e vedrete che verranno una meraviglia.
  5. Nel frattempo fate scaldate l'olio in una padella fonda e friggete i falafel fino a che non saranno ben dorati.
  6. Scolateli su carta assorbente e serviteli ben caldi.

 

Vi consiglio…
Se vi prende la passione per i falafel, fate un salto sul blog di Labna per scoprire la ricetta dei Falafel con l’harissa, una salsa tunisina a base di peperoncino e aglio.

Per questa ricetta ho utilizzato i ceci dell’Azienda Agricola Valle dell’Oasi, incontrata durante una recente fiera a Brescia. Il tipo di ceci che producono è più piccolo di quello comune. Ha un’ottima tenuta in cottura  e difficilmente si spella.

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Torta vegana al cacao e fava tonka

Torta vegana al cacao e fave tonka

In bilico tra quella che alcuni potrebbero considerare un’estrema forma di schizofrenia e ciò che altri potrebbero vedere come un irrefrenabile desiderio di votarsi alla sperimentazione e alla scoperta, l’altra sera mi sono messa in cucina e in ordine sparso ho preparato:

  • il primo esperimento di Cheesecake Brownies ovvero l’incrocio tra i brownies e la cheesecake, una carrellata di burro, cioccolato, uova, farina, zucchero, cacao, philadelphia, burro… l’ho già detto burro? e cioccolato, l’ho già detto? Ecco cioccolato magari conviene ripeterlo perchè ce n’è proprio tanto. E si, avete capito bene, ne seguiranno altre versioni, e presto avrete mie notizie.

e poi come se nulla fosse:

  • la mia prima torta vegana che in fatto di ingredienti sta tutta sulle dita di una mano: farina, zucchero, acqua (ommioddio!!!!), cacao e olio di semi di girasole

Vi chiedo un parere spassionato, secondo voi è grave?

Ma chi doveva dirlo che mi sarei trovata a pubblicare ricette per il Meat Free Monday e a preparare addirittura una torta vegana? Non che sia mai stata una carnivora incallita, ma nemmeno ho mai pensato di abbandonare il consumo di carne e pesce, per dire eh. Intanto però mi si è aperto un mondo.

In realtà tutto è iniziato proprio con il Meat Free Monday e con il bellissimo ricettario firmato famiglia Mccartney (e giuro che non mi stanno pagando sottobanco con i vinili dei Beatles!) che propone di sposare questa campagna suggerendo un menù vegetariano, dall’antipasto al dolce, per ogni settimana dell’anno. Nuovi ingredienti, nuove combinazioni e soprattutto il gusto della scoperta.

E quindi ho sfornato un gratin di cavolfiore al formaggio di capra da leccarsi i baffi, la pie di verdure più gustosa che abbia mai assaggato, mi sono chiesta che sapore avesse la quinoa ed ora eccomi qui con la mia prima torta 100% veggie.

Non vi sembra bellissima?

Torta vegana al cacao e fave tonka

Che poi, la ricetta non è mica mia. L’ho trovata leggendo la strepitosa Maghetta che se non sapete chi è, fate penitenza, e poi filate dritti a scoprirla.

Cos’altro dire su questa dolcezza?

Tutto ciò che vi serve per prepararla è una ciotola abbastanza capiente per contenere tutti gli ingredienti e delle fruste elettriche.

Io ho aggiunto della fava tonka grattuggiata (leggete sotto per saperne di più), ma potete aromatizzarla con le spezie che preferite, oppure lasciarla così com’è.

Ho già in mente di prepararla di nuovo utilizzando dello zucchero di canna scuro e della farina integrale.

Non credo ci sia molto altro da aggiungere. Piuttosto, che è buona e morbidissima da non crederci ve l’ho già detto?

4.5 from 2 reviews
Torta vegana al cacao e fava tonka
Autore: 
Porzioni: teglia 18 cm
 
Cosa vi serve
  • 275 gr di farina 00 o integrale
  • 1 bustina di lievito (16 gr)
  • 230 gr di zucchero (anche di canna)
  • 135 ml di olio di girasole (anche olio di soia o di oliva)
  • 350 ml di acqua
  • 60 gr di cacao amaro
  • vaniglia o cannella o altra spezia (per me fava tonka)
Mettiamoci al lavoro
  1. In una ciotola capiente lavorate tutti gli ingredienti con lo sbattitore elettrico fino ad ottenere un composto omogeneo
  2. Cuocete in forno già caldo a 175 gradi per 45 minuti circa (io ho impostato inizialmente 30 minuti ma la prova dello stuzzicadenti non ha lasciato dubbi sulla necessità d prolungare la cottura. Se anche i tempi di cottura dovessero allungarsi - può dipendere dal forno - vedrete che la torta resterà morbidissima con una piacevolissima crosticina in superficie)

 

Visto che l’ho usata per la torta, conoscete la fava tonka?

La pianta che produce le fave tonka (Dipteris odorata) appartiene alla famiglia delle Favacee. Originaria del Venezuela, cresce anche sui versanti della valle di Caura in Colombia, oltre che in Amazzonia, in Guyana e nell’isola di Trinidad.

È un albero che raggiunge nell’età adulta l’altezza di 25 metri e il diametro di circa l metro. I frutti, che sembrano piccoli manghi, si raccolgono a piena maturazione. Fatti essiccare per un anno, assumono l’aspetto di piccole patate rinsecchite; all’interno ci sono due semi oblunghi, lunghi da 3 a 4 centimetri e larghi 1 centimetro: le fave tonka.

Fresche, le fave sono lisce e marroni; quando invecchiano, la parte esterna diventa nera e rugosa. La mandorla interna è bianca, all’apparenza grassa e untuosa: grattugiata, sprigiona un  caratteristico odore erbaceo di fieno-vaniglia-miele (l’essenza aromatica si chiama cumarina, da cumarù, il nome delle fave nelle zone d’origine).

A volte, i semi essiccati vengono messi a macerare nel rum per due o tre giorni; poi, sono fatti essiccare nuovamente, finché la superficie si ricopre di una cristallizzazione bianca, simile a brina, ricca di olio essenziale. Questo procedimento accentua l’aroma di cumarina della fava tonka.

In passato la fava tonka era utilizzata soprattutto in profumeria, mentre il suo uso come spezia da cucina è relativamente recente, anche se c’era chi ne faceva un adulterante dell’estratto di vaniglia. Nelle zone d’origine, e presso alcuni chef raffinati, è usata nella preparazione di creme dolci e salse; come la noce moscata, va aggiunta in quantità minime. E un sapore ancora poco sfruttato, che conferisce al piatti un tocco esotico. [Fonte Taccuini Storici]

Vi consiglio…

Avete una passione sfrenata per le mandorle? Leggete la ricetta in versione Vegan Chocolate Almond Cake che propone Manuela

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